A volte una parola vuol dire molte cose, il che è una delle ragioni per cui continuiamo a fraintenderci e anche uno dei motivi per cui apprezziamo la poesia. La parola della settimana è mottetto, ed è di questa forma poetica e canora che Sillabe si occuperà.
Scatola di montaggio: il mottetto
Che cos’è un mottetto? La definizione si adatta in realtà a strutture simili ma non sempre uguali, e che comprendono al loro interno un’ulteriore variabilità. Il mottetto è in origine un genere musicale liturgico che si sviluppa in Francia nei secoli XII e XIII e che prevede una seconda voce che canta un testo diverso da quello della prima. Per mottetto s’intende in principio questo secondo testo, e poi il nome si estende a tutta la composizione. Dalla liturgia il mottetto passa alla polifonia profana in lingua d’oïl, si compone di versi vari dalla struttura ritmica semplice, e parla perlopiù d’amore.
In questa veste profana entra allora in Italia. Se ne trova un unico esempio in Guido Cavalcanti, ma è solo dal secolo successivo che il mottetto trova davvero spazio: lo fa in Francesco da Barberino, che chiama mottetti dei brevissimi componimenti di argomento morale e metro vario, quasi simili a proverbi in rima.
Secondo questa tradizione, il mottetto è dunque un qualsivoglia componimento breve e arguto, di taglio aforistico.
Nel frattempo la liturgia, cacciata dalla porta, rientra come sempre dalla finestra: e se si parla di mottetti non si può non pensare alla musica sacra barocca, a partire dal Florilegium Portense che è una raccolta di mottetti in lingua italiana e tedesca su temi biblici. Il mottetto, già cantato nelle funzioni religiose del mattino e del pomeriggio nel rito liturgico della città di Lipsia, passa dunque nella polifonia luterana tramite le mani di un musicista dall’ampio ingegno poetico1 come Johann Sebastian Bach che mette in musica strofe di corale e versetti della Bibbia, con accompagnamento d’organo e di strumenti in grado di raddoppiare le parti del canto. Non è qui il luogo per soffermarci sui mottetti biblici, ma la loro storia non finisce con Bach (basti pensare ai Due mottetti di Brahms) e non è peraltro nemmeno da Bach che comincia: di Orlando di Lasso e Giovanni Pierluigi da Palestrina s’era già parlato in occasione del madrigale nella seconda puntata di Sillabe, e sarebbe stato il caso di farlo anche qui, se non fosse stato per limiti di spazio.
Andiamo pertanto avanti nei secoli con un dissonante fast forward e torniamo in Italia per l’ultima tappa di questo breve e lacunoso viaggio sulle tracce del mottetto: non è possibile non citare l’evoluzione del genere dovuta ai mottetti di Eugenio Montale, che formano la seconda parte delle Occasioni e che ricalcano la struttura bipartita del mottetto originale pur discostandosi dai temi usuali. Montale era, del resto, competente in questioni musicali, come si vede nella trasfigurazione del genere dei suoi Madrigali privati. I mottetti di Montale, scritti fra il 1933 e il 1939, sono tutti dedicati a Clizia, archetipo dell’amante divina. Qui l’ottavo:
Ecco il segno; s'innerva
sul muro che s'indora:
un frastaglio di palma
bruciato dai barbagli dell'aurora.
Il passo che proviene
dalla serra sì lieve,
non è felpato dalla neve, è ancora
tua vita, sangue tuo nelle mie vene.
E siccome non c’è niente di meglio che fare brutta figura dopo Montale, vediamo di giocare un po’ con il mottetto e di costruirne qualcuno in questa sede. La struttura bipartita è in tutti i casi garantita dalla giustapposizione di due quartine. Il metro alternerà endecasillabi e settenari, e ci saranno varie combinazioni di rime come indicato tra parentesi.
Il primo mottetto è moraleggiante. (aABa, cCBc)
Ci scioglie l’emergenza
d’avere forme nuove, e apparenza:
l’invidia d’essere carne di altri,
di noi del tutto senza.
È un’orfana passione,
umana e vagabonda condizione,
e tanto sembra di essere scaltri
chiamandola ragione.
Il secondo è biblico, ed è una versione in endecasillabi e settenari di Sapienza, 6,12-15 e 7, 24-25. (ABbC, ADdC)
Radiosa, indefettibile sapienza,
che facilmente contempla chi l’ama!
Saggezza che richiama
un degno desiderio d’amor vero.
Emanazione e divina potenza,
agile moto che tutto pervade,
che spande le strade
l’artefice del mondo e del pensiero!
Il terzo è profano. (ABcD, ACbD)
E se io fossi macchia di un inchiostro
che scrivere non può, non vuole o osa:
di quante e che parole
potrei tacer, sporcando intero il mondo?
Che non è intero, no, ma solo il nostro,
un piccolo ritaglio sotto il sole,
infagottato e rosa
e dura - quanto? Un inverno, un secondo.
Una prosa è una prosa è una prosa: Manuale di conversazione
Terzo appuntamento con la verbosa e purtuttavia garrula vita di Irene Cardin, qui alle prese con un appuntamento amoroso, e con Balzac, che ritornerà più avanti nel romanzo.
Sono una persona normale sotto molti punti di vista. Per esempio sono soggetta a tutti gli impulsi fisiologici che spettano in sorte alla maggior parte delle persone: di tanto in tanto ho fame, di tanto in tanto ho sonno, di tanto in tanto sento la necessità di avere dei sentimenti e dare loro uno sfogo. Sesso, per dirla in breve, ma non solo quello. In quest’ultima classificazione dei miei bisogni ho avuto la fortuna di avere al mio fianco, durante la mia più giovane età, una serie di amiche che si sono prodigate a darmi consigli. Non che le amiche fossero sempre le stesse: ma i consigli sì, ho potuto osservare e registrare una buona invarianza sia nella forma che nel contenuto.
Avevo una ventina d’anni, o giù di lì, e una certa difficoltà a trovare uno sparring partner che non fosse egli stesso un residuato sociale rifiutato da qualsiasi altra donna, quando, per uno scherzo del caso o un inganno statistico, ricevetti un invito per un aperitivo da parte di uno degli studenti che bazzicavano la biblioteca della facoltà pur essendo iscritti in altri dipartimenti. Nel mondo bizzarro e incomprensibile in cui tutti finiscono con il conoscere tutti, questo giovane uomo - non troppo alto, con un accenno di barba dai richiami semantici a me ignoti, forse politici, forse meramente estetici, un abbigliamento canonico con quello del resto dei suoi simili, aspirante futuro magistrato e grande giocatore di scacchi - era amico di un amico di un amico; reti di connessioni mi si aprivano davanti, e tutto il loro mistero mi emozionava con la vertigine di un abisso improvviso.
Una volta recepita l’informazione sul mio appuntamento prossimo venturo, il Gran Consiglio di amiche si dette da fare per prepararmi ad ogni eventualità, sesso escluso perché si presumeva, del resto a ragione, che arrivata a quell’età sapessi grossomodo almeno come erano fatti i risvolti biologici della faccenda. Vi fu chi si occupò del mio aspetto fisico: fui trascinata a comperare degli abiti, strappai con i denti la liceità di tenere le scarpe basse, mi vennero insegnati rudimenti teorici e pratici di trucco del viso e gestualità elementare. Fui spedita a tagliarmi i capelli e a fare la messa in piega. Fu un corso tanto intenso quanto breve. Posso dire, a mio onore, di essermi molto applicata. D’altra parte, siccome non potevo andare all’appuntamento e mantenermi muta, attaccata con la forza della volontà e dell’imbarazzo a un aperitivo il più possibile alcolico, venni edotta anche su quanto di più basilare ci fosse riguardo a quello che la vulgata ritiene essere, forte di secoli di letteratura e di esperienza altrui, un atteggiamento femminile civettuolo.
Balzac, mio mentore indiscusso in certe faccende, consente la civetteria letteraria, e così mi permetto di specificare che fui messa a parte di trucchi di seduzione che mi avrebbero reso la copia conforme, nella rispettiva trasposizione temporale e sociale, della duchessa di Langeais prima che incappasse nella vendetta di Montriveau: ivi incluso il suo titanismo amoroso, la sua capacità d’essere e apparire e di mischiare l’apparire con l’essere, come è dono dei metafisici, degli amanti e dei bugiardi matricolati.
Calicanto
Non proprio un mottetto, ma quasi. Endecasillabi. Nota: che ogni numero (intero positivo) si possa scrivere come la somma di quattro quadrati è una proprietà dimostrata da Lagrange.
Una proprietà dei numeri naturali
È noto che ogni numero si scrive
come la somma di quattro quadrati:
e che ciascuno di noi è la somma
di quattro grandi sogni tormentati.
Libri miei
Tutti a disposizione a questo indirizzo.
La definizione di musicista-poeta è di Albert Schweitzer, autore di una classica monografia su J.S.Bach che si chiama, appunto, Bach. Il musicista poeta.