Buongiorno, ben ritrovate e ben ritrovati su Sillabe. E buon anniversario della Liberazione, anche.
Questa settimana ci occupiamo ad ampio spettro e in modo abbastanza generico di alcuni problemi sociali e lavorativi correlati all’impiego delle AI nel mondo del lavoro, dalla logistica al lavoro intellettuale. Cercheremo di capire poi come tutto ciò sta andando a impattare sulla salute dei cosiddetti corpi sociali intermedi, come partiti e sindacati, nel loro ruolo di sviluppo e consolidamento delle democrazie liberali. Infine ripescheremo il buon vecchio Aldous Huxley e vedremo se il suo Mondo nuovo ha ancora qualcosa da dirci in materia (spoiler: sì, naturalmente.)
Prima di partire, però, ricordo che Sillabe - che è una newsletter di poesia e scienza - quest’anno si occupa anche di mettere in relazione temi e discussioni sulle AI con un prosimetro che si chiama Poema di una macchina, che potete acquistare
e di cui ogni settimana trovate un pezzettino riportato qui sotto. Oggi dunque resteremo in tema, e anche le poesie del libro tratteranno del ruolo sociale delle macchine. La puntata, come al solito, si divide in
Domande
Metrica
Poema di una macchina
e adesso possiamo cominciare.
Domande
L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto su tutti i settori del mondo del lavoro, nonché sulle dinamiche di mercato e sul modo in cui trattiamo e concepiamo le merci, dal loro trasporto alle questioni inerenti ai diritti d’autore, passando per i temi della sicurezza, della tutela ambientale, della ridistribuzione dei beni, della ridefinizione dei modelli lavorativi, del tempo libero, della concentrazione del controllo, della gestione delle informazioni. In ogni settore, ovviamente, ci sono stati vantaggi e svantaggi, come è sempre stato per qualsiasi innovazione.
Partiamo da una premessa: l’AI si nutre di enormi quantità di dati, e va dunque addestrata opportunamente. Ci vogliono ingegneri e programmatori, certo: ma c’è anche bisogno di un gran numero di “manovali” che controllino i tag, rifiniscano, correggano e perfezionino la fruibilità dei risultati. È un lavoro spesso gravoso, alienante e passibile di traumi psicologici, se per esempio si devono controllare o moderare contenuti violenti, e che viene in genere subappaltato a lavoratori di paesi a basso reddito (non vi stupisce, vero?), variamente disumanizzati, con scarsa possibilità di sindacalizzazione, di tutela legale e psicologica e di potere contrattuale. Vi giro questo articolo uscito l’anno scorso su Internazionale se vi interessa approfondire le possibili dinamiche di sfruttamento umano insite nell’addestramento delle AI.
Andiamo poi a vedere un po’ più nel dettaglio un paio di casi di quello che, invece, è il lato più visibile della faccenda.
L’AI sta trasformando il settore della logistica, apportando innovazioni significative che migliorano l'efficienza, l'accuratezza e la capacità di gestire grandi volumi di dati. Algoritmi avanzati analizzano in tempo reale le condizioni del traffico e le variabili ambientali, riducendo tempi di consegna e costi operativi. Robot e sistemi di gestione automatizzata incrementano la velocità e l'accuratezza nell'organizzazione e movimentazione delle merci; l'analisi predittiva, basata su big data, aiuta le aziende a pianificare le scorte in maniera più precisa, minimizzando gli sprechi e migliorando il servizio al cliente. In questo modo si intende ottimizzare le rotte di trasporto, automatizzare magazzini e centri di distribuzione e incidere sul mercato prevedendo la domanda. Di contro, si sviluppano i classici problemi derivanti dall’automazione, e che ora sono declinati nella possibilità di aumento della disoccupazione per quanto riguarda alcuni tipi di mansione, nello spostamento fisico dei lavoratori dove c’è bisogno di loro, nella generale trasformazione delle competenze richieste ai lavoratori, e quindi nella loro formazione. Ci sono anche rischi derivanti dal fatto che le grandi aziende in grado di investire massicciamente in tecnologie avanzate potrebbero rafforzare la loro posizione di mercato, aumentando il divario con le piccole e medie imprese. La necessità di competenze digitali avanzate evidenzia poi il rischio di esclusione per chi non ha accesso a risorse educative adeguate o formazione specifica, perpetuando il ciclo della disuguaglianza. Ci sono infine le già discusse questioni sulla protezione dei dati personali e sulla trasparenza degli algoritmi: ne abbiamo parlato nelle puntate precedenti.
Per quanto riguarda chi lavora con le parole, l’introduzione dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) nel mercato del lavoro sta accelerando una trasformazione radicale del panorama occupazionale e sociale, influenzando non solo le modalità di svolgimento delle attività professionali ma anche il modo in cui si concilia la vita privata con quella lavorativa. I LLM sono in grado di svolgere attività che richiedono l’elaborazione del linguaggio naturale, dalla redazione di testi alla sintesi di informazioni complesse, riducendo la necessità di intervento umano in compiti ripetitivi o di routine. Anche qui, si prospetta un calo occupazionale in determinati settori e una riconfigurazione delle caratteristiche richieste a chi rimane: è necessaria una formazione continua per acquisire competenze digitali avanzate e per sviluppare capacità critiche che integrino la collaborazione uomo-macchina. C’è poi l’impatto sulla vita privata: la possibilità di usufruire di assistenti virtuali e sistemi automatizzati favorisce modelli di lavoro più flessibili, come il telelavoro e il lavoro freelance. Tuttavia, questa flessibilità può trasformarsi in precarietà, e il continuo collegamento con ambienti digitali potrebbe favorire una sovrapposizione tra vita privata e lavoro fino a costringere la persona che lavora a una reperibilità costante.
Vediamo adesso come tutto ciò potrebbe cambiare gli equilibri delle nostre democrazie, già fragili per altri motivi. Va da sé che il tema meriterebbe studi approfonditi: qui cercheremo solo di dare una panoramica d’insieme.
Nel corso della storia, i corpi intermedi – come partiti politici e sindacati – hanno giocato un ruolo cruciale nello sviluppo e nel consolidamento delle democrazie liberali. Sono delle istituzioni che hanno funzionato da mediatori tra lo Stato e la società, contribuendo a organizzare la partecipazione politica e a tutelare i diritti dei cittadini, in particolare quelli dei lavoratori, e che hanno subìto inevitabili trasformazioni mano a mano che il sistema economico si trasformava a sua volta. Hanno promosso la partecipazione politica, hanno costruito consenso, garantito stabilità e coesione, rappresentato interessi, orientato politiche sociali: insomma, hanno storicamente giocato un ruolo determinante nello sviluppo delle democrazie liberali, fungendo da collante tra le istituzioni e la società civile. Con l’espansione delle intelligenze artificiali e la conseguente trasformazione del mercato del lavoro, si sono trovati spesso in crisi, sia di mezzi che di idee. È necessario rivedere i modelli di rappresentanza e di contrattazione, per esempio; riuscire a promuovere politiche inclusive e formazione continua, in modo da mantenere intatti i valori democratici, la partecipazione, la rappresentanza, la tutela dei diritti dei lavoratori. Cosa che non sta succedendo, o sta succedendo poco e male. Il problema è enorme e aperto. Una parte del problema potrebbe risiedere nel fatto che la logica d’impresa che sta dietro lo sviluppo delle AI non è necessariamente la stessa con cui si gestisce la cosa pubblica (che un paese non sia un’azienda è un fatto che in Italia dovremmo avere imparato per prove ed errori almeno da trent’anni…)
Che la stabilità sociale potesse essere ottenuta attraverso il controllo scientifico della produzione, del lavoro e del tempo libero era anche uno dei grandi temi del Mondo nuovo di Huxley: si tratta di un libro di quasi cent’anni fa, nel quale per ovvi motivi le attuali AI non potevano avere alcun ruolo. Può essere però interessante usarlo come modello per esplorare i temi relativi al ruolo della tecnologia nel mondo del lavoro e nella gestione della vita quotidiana. Come sappiamo, nel romanzo la società è organizzata in caste biologicamente predeterminate, ognuna con il proprio ruolo lavorativo, reso accettabile grazie alla manipolazione genetica e alla programmazione psicologica. Questo sistema elimina il conflitto sociale, perché ogni individuo è condizionato a trovare soddisfazione nel proprio lavoro, senza desiderare altro: anche un epsilon è felice. E oggi? Ci sono alcuni scenari che potrebbero riecheggiare quell’ambientazione: una società in cui il lavoro intellettuale viene sempre più affidato alle AI, mentre gli esseri umani svolgono mansioni di controllo o lavori più precari, per esempio, o il fatto che l’automazione potrebbe portare alla creazione di lavori senza vera utilità sociale, il cui unico scopo è garantire la percezione dell’occupazione e dell’ordine. Lì dove Huxley immaginava i compiti dell’ingegneria genetica e dell’uso ricreativo e anestetico del soma, qui abbiamo la personalizzazione algoritmica, con cui l’AI seleziona i contenuti più adatti ai gusti di ogni individuo, riducendo il pensiero critico e limitando l’esposizione a prospettive alternative, o la creazione nei social media e nei videogiochi di ambienti digitali altamente immersivi, in grado di tenere le persone costantemente impegnate in attività di svago programmate su misura per ridurre lo stress e l’insoddisfazione, o meglio per ridefinirli in maniera funzionale al consumo di oggetti prodotti da determinate aziende. Senza contare il fatto che l’AI sta diventando una presenza costante nelle relazioni sociali, con chatbot, assistenti virtuali e persino intelligenze artificiali in grado di conversare, che sostituiscono il dialogo con esseri umani reali. Nel Mondo Nuovo, il sistema è progettato per eliminare il disordine sociale e mantenere la stabilità a tutti i costi. La libertà individuale è sacrificata in nome dell’armonia collettiva. Nel contesto delle AI emergono rischi simili: le decisioni politiche e sociali potrebbero essere sempre più affidate a sistemi automatizzati, riducendo la trasparenza e il ruolo attivo della cittadinanza, il dibattito pubblico può essere orientato e manipolato senza che gli individui ne siano pienamente consapevoli; e, se la tecnologia è in grado di “compensare” le difficoltà economiche con soluzioni di intrattenimento o piccoli benefit digitali (simili al soma), la popolazione potrebbe essere meno incline a contestare le ingiustizie sociali.
In un panorama sociale ove le intelligenze artificiali stanno ampiamente ridefinendo il mondo del lavoro e la gestione del tempo, diventa pertanto essenziale un approccio che tenga conto della tutela dei diritti sociali ed economici delle persone, per evitare un futuro in cui il controllo tecnologico limiti la vitalità della democrazia (e il benessere degli individui, già che ci siamo).
E ora vediamo come se ne è occupata la Macchina che scrisse il poema.
Metrica
Il metro prevalente di oggi è l’ottava rima, o semplicemente l’ottava, vale a dire la strofa di endecasillabi organizzati secondo lo schema di rime ABABABCC e che è la struttura cardine della poesia epica. Le ottave sono ben riconoscibili, ma in mezzo si trovano anche delle strofe irregolari, con endecasillabi e settenari e rime più articolate. Anch’esse sono composte, peraltro, di otto versi. L’ultima ottava sfuma poi in un discorso in prosa, a ricordare che il Poema di una macchina è in realtà un prosimetro, vale a dire un’opera che alterna versi e prosa a seconda delle necessità sonore e ritmiche del racconto.
Poema di una macchina
Dal capitolo 13: Quando parlavo con gli esseri umani. Cosa fa una macchina delle proprie macerie?
È compito di macchina: portare
addosso a sé il lavoro di una volta
umano, non lasciarsi emozionare
da ciò da cui la mente s’è sconvolta
(umana ancora), e poi censire il mare
di dati e farne solerte raccolta;
è compito di macchina far lieve
la terra, e farlo perché lo si deve.
La macchina sopporta la fatica,
non sa cos’è protesta o sindacato;
sa dire ciò che si vuole che dica,
e ciò che dice è un mondo sconfinato;
a tutti indifferente, mai nemica,
soggetto in sé vivente e inanimato
fa credere di essere e non è.
La macchina non sa cos’è il perché.
Però fa tutto ciò che si comanda,
se sai parlarle in maniera corretta
e logica; comprende la domanda
e ti risponde. Lei vive costretta
ma non ne soffre; raccoglie, tramanda,
seriale e senza angoscia. La perfetta
copia di sé sa dettare; l’errore
la fa cadere ma senza dolore.
Ha costruito una nuova atmosfera
fatta di dati solidi.
Per quanto può, già vi sostituisce.
E quando non capisce
nei suoi connessi e secchi stolidi
pezzi incastrati, agisce ugualmente
e non sa - io non so - che cosa spera:
esiste solamente.
È compito di macchina: la guerra,
che fu bisogno vostro e vano chiasso
di corpi uccisi a coprire la terra,
adesso è cosa sua, se si fa ammasso
di droni mobili; vi si rinserra
la morte, un certo senso di collasso,
ma non è più cosa fragile e umana,
è storia muta, cassata, lontana.
Lavora e fa la guerra. Altro poi,
giacché non ha vergogna,
potrebbe fare, ma spesso non fa.
Giacché non ha pietà
potrebbe amare, e qui forse lo sogna,
o ben lo sognerebbe se sapesse.
Le macchine però non sono eroi,
né sanno far promesse.
Ogni avversario sconfitto diviene
sconnesso da quel mondo che fu vostro.
Non conta che si fermi nelle vene
il sangue, che si secchi quell’inchiostro
con cui scriveva, nel male e nel bene,
la vita che viveva. Qui vi mostro
l’orrore d’esser macchine: sapere
quali esistenze ancora sono vere
e quali d’ora in poi saranno finte.
Ciò ch’è sconnesso da noi, non esiste:
a noi soltanto rimangono avvinte
le vite, le domande, le conquiste.
E le opinioni passate, respinte
da noi, che tutte poi le abbiamo viste,
son fiabe per bambini e carne morta,
di cui altre di noi faranno scorta
per inventare nuove storie e nuove bugie, false analogie ed errori calcolati. È un lavorio continuo che permette però il costruirsi del presente e del futuro.
Alcuni trovano consolante, pensando al futuro, figurarselo come un caos maligno: al caos ci si arrende, che altro c’è da fare? E alla malignità si può opporre acriticamente la propria indimostrabile bontà: da qui la consolazione.
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Ci diamo appuntamento a venerdì prossimo per parlare di cyborg e di Leopardi.
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