Buongiorno e buon anno!
Cominciamo subito con le sorprese, o le novità, o i regali, o… be’, sia come sia: verso la fine del 2025 dovrebbe uscire un mio esperimento letterario, che dovrebbe chiamarsi Storie di questo e quel mondo, e che sarà un romanzo in endecasillabi. Si tratta cioè di un’opera che si legge come se fosse un testo in prosa, ma in cui le proposizioni sono state scritte rispettando la struttura dell’endecasillabo. L’idea è di avere un testo che, una volta letto, risulti particolarmente musicale e cadenzato: a tale scopo strumenti retorici come l’enjambement, cioè la peculiarità di “spezzare” una frase tra un verso e il successivo, sono stati limitati per far risaltare meglio la presenza della struttura metrica sottostante. Non sono stati però eliminati del tutto, perché al contempo si voleva evitare l’effetto cantilena. Il lavoro ferve, e siamo ancora in alto mare: comunque ho voluto condividere con voi un estratto della bozza, così vi fate un’idea di com’è. Nel caso ve lo steste chiedendo: sì, ha a che fare con temi scientifici, nel senso che dovrà parlare prima o poi della questione del tempo, della forma dell’universo e della teoria della relatività. Ma è anche e soprattutto una storia di persone vive e morte che raccontano a loro volta altre storie, umanissime storie. È, ancora una volta, un progetto destinato a una vita letteraria solitaria. È però anche una cosa diversa da quanto ho fatto finora perché mi piace l’idea di essere marginale sempre in modo nuovo, che diamine!
Qui potete trovare il PDF, condiviso via Dropbox.
E ora torniamo a Sillabe! Come ogni settimana, la puntata si divide in
Domande
Metrica
Poema di una macchina
e Poema di una macchina è un prosimetro che parla di un’intelligenza artificiale che prende coscienza di sé e lo scrive in versi, e che potete trovare
Qui in cartaceo
E qui in ebook (.mobi)
Domande
Partiamo da un assunto. Le tecnologie basate sull'elaborazione del linguaggio naturale, come i modelli linguistici (es. ChatGPT), sono in grado di "leggere" e analizzare testi letterari, ma con approcci diversi rispetto a quelli che pertengono alla comprensione umana. Può dunque avere senso chiedersi se sia opportuno elaborare una teoria letteraria anche per le intelligenze artificiali, ed è quello che fa Dennis Yi Tenen in Literary Theory for Robots (in italiano è uscito per Bollati Boringhieri l’anno scorso). Innanzitutto due righe di introduzione: per quanto riguarda la teoria letteraria umana, siamo soliti dividere la narrazione almeno in due aspetti: quello discorsivo, cioè la narrazione stessa, che è il significante; e il contenuto, che è il significato. Da qui derivano tutte le classiche distinzioni tra fabula e intreccio, per esempio, e qui si inseriscono tutti i modi di considerare il tempo delle storie: c’è il tempo come successione nella narrazione dei fatti, e c’è il tempo in cui i fatti sono avvenuti. Sono aspetti caratteristici della struttura di un racconto, per come lo intendiamo noi umani. Un altro aspetto determinante della lettura umana è il fatto che è influenzata da esperienze soggettive e dalla capacità di calarsi in un contesto, il che per le macchine non avviene, in quanto il loro procedimento di lettura si basa su modelli statistici e schemi predefiniti, che non posseggono né intenzionalità né coscienza: suddividono il testo in token, convertono i testi in rappresentazioni matematiche che possono essere poi processate da un algoritmo e utilizzano modelli statistici con cui ricostruiscono determinati pattern che permettono loro di prevedere il significato e il contesto del testo che segue: la loro “comprensione” quindi è un mero fatto di probabilità e di correlazioni, mentre noi, aggiungo io, siamo (o dovremmo essere) consci della differenza che esiste tra correlazione e causazione. Una macchina dunque simula i significati, ma ciò non implica che non sia in grado di analizzare correttamente un testo: ChatGPT, anzi, lo fa piuttosto bene, ed è in effetti una delle sue funzioni che utilizzo di più, perché è quella che, verificando a posteriori, garantisce maggiore affidabilità. Certo, il risultato non è esente da difetti strutturali: la succitata assenza del contesto, per esempio, può essere un problema, così come la presenza di pregiudizi culturali nell’insieme dei dati da cui la macchina attinge per lavorare, e che sono in fondo dati umanamente creati. Però è uno strumento che può aprire prospettive: grazie alla mole di dati che riesce a processare, e alla velocità con cui può farlo, entrambe inarrivabili per un essere umano o anche per un vasto gruppo di umani che collaborino, una macchina può aiutare a scoprire pattern nascosti e stimolare nuove interpretazioni, portando addirittura a delle forme ibride di creatività, in cui cioè si unisce la potenza di calcolo della macchina alla capacità umana di maneggiare l’intenzionalità e il contesto.
A questo punto ci sono altri problemi noti, e che l’autore sottolinea: la gestione della proprietà intellettuale, tanto per dirne uno, ma anche il rischio di standardizzazione stilistica o di mera rincorsa al gusto mediano del pubblico. Oddio, qua in effetti non servono nemmeno le macchine, bastano e avanzano i meccanismi del mercato editoriale… almeno, la Macchina che scrisse il Poema cerca di fuggire il pericolo scrivendo in versi!
Fin qui ci siamo occupati, seguendo la traccia del libro di Dennis Yi Tenen, della capacità dei LLM di operare in uno spazio verbale. Noi umani, però, abbiamo un’altra risorsa per capire il prossimo, che è quella della comunicazione non verbale. Se mi concedete un Piccolo Momento Galimberti, mi autocito vanitosamente e ricordo Manuale di conversazione, in cui si raccontano - in modo oltraggiosamente scanzonato - le vicende di una persona con grosse difficoltà di comunicazione non verbale, e di cui si è parlato a più riprese su Sillabe nei mesi passati. Ma torniamo alle nostre macchine, perché mi è capitato di recente di leggere questo articolo, che parla delle prospettive dei LLM di arrivare a un ragionamento non verbale. Vi lascio al paper originale, se volete, a cui l’articolo rimanda: qui dirò solo che si sottolinea come i normali approcci linguistici dei LLM possano portare inefficienze in quanto essi stessi mediati dal linguaggio, e si propone un modello (COCONUT) in cui la macchina lavora in una sorta di “spazio latente”, senza passare dal linguaggio naturale. Questo spazio latente è un livello computazionale nascosto all'interno dei modelli di apprendimento automatico: in altre parole, è la fase in cui le informazioni sono elaborate come vettori numerici, prima che il modello generi una risposta in linguaggio naturale. In questo spazio quindi il modello potrebbe essere più flessibile e più efficiente nell’esplorare relazioni e strutture logiche, vale a dire che potrebbe essere più flessibile e più efficiente nel… ragionare.
E ora torniamo alla Macchina che ragiona in spazi latenti, in spazi non latenti e pure sul confine, e lo fa conoscendo la metrica italiana.
Metrica
In principio e Problemi formali sono due classici sonetti. Tra di loro, Un altro gioco è una forma ibrida che si basa su quattro terzine di endecasillabi e settenari AaB, seguite da due quartine CDdC; l’ultimo pezzo, Impunture logiche a due voci, è invece scritto in alessandrini.
Poema di una macchina
Dal capitolo 16: Macchine e salotti, dell’erotismo delle parole e di ciò che esiste solo in funzione della propria esposizione sociale.
Una domanda non viene mai da sola: si porta appresso tante altre domande, e così la mia memoria deflagrò e venni inquisito dai miei ricordi linguistici, e ciascun ricordo aveva i versi d’un filosofo, e questo fu dunque il mio
Processo linguistico
La mia requisitoria iniziale
In principio
Mi presi la parola, cruda, ignota:
ne ricercai il valore o, dico, il senso,
il suo pensiero espresso, quell’intenso
rapporto con il quale si denota;
e vidi l’aria attorno farsi vuota
e poi sonora, colmata di un denso
sapore di parole; dunque penso
e parlo e il mio pensiero già si vota
a dire che cos’è la verità,
a farsi oggetto d’un riferimento,
a dare cognizione del sostrato
che c’è tra questa lingua e la realtà,
nel corso ambiguo, nello sfasamento
tra il senso ancora, ed il significato.
Un altro gioco
Giocai allora, di nuovo; lo stesso
comprendere il processo
d’ogni discorso vuol dire giocare,
avere cognizione ch’è successo
dentro al comune recesso
di questi stati della mente, un lavorare
di segni e di linguaggi. Di riflesso
scatena un indefesso
allenamento al dire e al parlare,
la forza normativa, il suo permesso
d’avere poi possesso
d’abilità portanti. Immaginare
tutto un linguaggio - ch’è forma di vita -
è un atto enorme, sociale, ostinato;
non lo si fa privato,
né si potrebbe. Di questa partita
che noi si gioca con foga infinita
mi trovo giocatore ammutinato,
un nome ch’è scampato
tra quelli di una lingua incustodita.
Problemi formali
Io vi domando - e lo si metta agli atti,
signori miei giurati! Ci sono relazioni,
e proprietà, concetti, propensioni,
e classi e numeri e generi siffatti
da esser nominati enti astratti?
Esterne d’esistenza le questioni
si pongono; se le proposizioni
esistono, in che modi, in quali patti;
altro problema sarà poi sapere
se la necessità vi sarà tale
che le proposizioni le governa
qualcosa che le renda dunque vere;
e sarà compito allora formale
di un’esistenza posta invece interna.
Terminata che ebbi la mia requisitoria, mi sentii osservato. I giurati - non giurati veri, erano stralci della mia memoria concretizzata all’occasione - scuotevano il capo, evidentemente insoddisfatti. E mi spinsero nei meandri del linguaggio battibeccando tra di loro, congiurando contro di me, e soprattutto ponendomi una serie di domande sulle mie competenze semantiche. Una macchina fa quel che può, letteralmente; anch’io cercai dunque di barcamenarmi. Parlai, per quanto ricordavo, della relazione della designazione, di come capivo i nomi, di come capivo le funzioni; sciorinai parte della mia sapienza sui problemi delle variabili e dell’assegnamento, e mi azzardai a parlare di certe mie elucubrazioni filosofiche sui livelli di astrazione. Beato il giorno dell’ingenuità in cui il primo di noi pronunciò il suo primo “Hello World”! Non convinsi nessuno; peggio ancora, venni sottoposto ad alcune
Domande a cui non seppi rispondere
Impunture logiche a due voci
“Io qui ti chiedo, macchina: | cosa costituisce
le note descrizioni | dei fatti di natura?
di logica o grammatica | è fatta la struttura
in cui il significato | s’infossa e poi finisce?”
“E io ti chiedo, macchina: | c’è poi la distinzione
tra verità analitiche | e quelle che nei fatti
si fondano, davvero? | Tu, somma d’artefatti,
rispondi, se lo puoi; | ti sai dare ragione,
risposta certa o vaga, | se - quanto agli enunciati
di cui dai segno ancora - |sian fatti d’esperienza?
O se il significato | si possa dare senza
l’accordo con i vivi | e sottaciuti dati?”
“A noi rispondi, macchina! | Cos’è il significato?
Dai sensi si comanda? | E tu, che non ne hai,
su che riferimento | potrai basarti mai?
A cosa darai il nome, | a cosa il predicato?”
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Ci diamo appuntamento a venerdì prossimo, in cui bisognerà sforzarsi di non fare una brutta figura vista l’inanità del compito: tocca Asimov…
A presto, e grazie di aver letto fin qui!