L’idea era di intitolare la puntata Una gioiosa macchina da guerra, ma faceva troppo anni Novanta, e poi tra l’altro quella gioiosa macchina da guerra lì era stata schiantata da una corazzata mediatica che ricordava meglio, a sua volta, le oscure intenzioni politiche di manipolazione del consenso della Macchina del Poema.
E quindi bentornate e bentornati su Sillabe in una puntata che si chiama De bello mechanico e che parla delle domande che mi vengono in mente quando penso ai rapporti fra la tecnologia e le esigenze militari e civili.
Se intanto vi interessa leggere per intero il Poema di una macchina, il libro è acquistabile
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E qui in ebook (.mobi)
Come sempre, in questa puntata troverete le sezioni
Domande
Metrica
Poema di una macchina
E ora partiamo!
Domande
Prima osservazione: la guerra, in tutti i suoi ingiustificati orrori, è sempre stata anche un potente veicolo di innovazione tecnica e di scoperte scientifiche che hanno avuto, a loro volta, ricadute civili importanti, dallo sviluppo della moderna chirurgia plastico-ricostruttiva con la Prima Guerra Mondiale all’introduzione delle previsioni del tempo nella Seconda, dalle opportunità aperte nell’aeronautica all’uso del nucleare civile. In tempi più antichi, è impossibile non pensare ai legami tra la storia della siderurgia e l’impiego in battaglia del ferro prima e dell’acciaio poi. Restando al Novecento e all’ambito in cui si muove il Poema, citiamo invece due ulteriori casi:
Lo sviluppo dei calcolatori elettronici. Durante la Seconda guerra mondiale il governo degli Stati Uniti finanziò delle ricerche volte a implementare una macchina in grado di fare accurati calcoli balistici. Da queste ricerche nacque l’ENIAC, che fu però anche il primo esempio di macchina calcolatrice general purpose, cioè di macchina che, volendo, era sufficientemente versatile per essere programmata anche per svolgere compiti diversi da quelli per i quali era stata inizialmente concepita. La storia è interessante e si intreccia con questioni sottili di risolvibilità di sistemi di equazioni, di approssimazione e metodi numerici, di funzionamento concettuale della matematica applicata e, non ultimo, con le vicende personali di una mente eccelsa come quella di John von Neumann. Mi scuso se non è questa la sede per un approfondimento, perché l’argomento è vastissimo.
Internet. Furono ancora gli Stati Uniti, e per la precisione il DARPA, l’agenzia del Dipartimento della Difesa che si occupava dello sviluppo delle tecnologie a uso militare di cui però potevano fruire anche gli universitari, a realizzare l’idea di mettere in rete i computer e di farli comunicare tra di loro. Nasceva così ARPANET, e da questo progetto sarebbe poi nata internet, nel 1983, e quindi eccoci qui. Vale la pena ricordare a questo punto anche che tutto ciò si basa su aspetti teorici che attingono a campi affascinanti e fertili come la teoria dei grafi e la scienza delle reti: scopriamo così fenomeni come quelli di “mondo piccolo” (small world) o di clustering.
A questo punto tocca soffermarsi sul penoso paradosso umano di come risultati tanto utili in tempi di pace possano avere radici in questioni tanto cruente, e la prima domanda della sezione si riassume dunque in un
Sonetto sulla tragedia umana
Ho dei pensieri impulsivi e banali
sul prossimo comune, che è diverso
eppure mi somiglia, che va perso
dentro le stesse mie reti sociali
gridando le proposte inattuali
di far da sé di nuovo l’universo
felice, puro e sempre controverso.
Si tratta di un vagare dentro i mali
scegliendo strade per caso o per voglia,
pesando conseguenze disperate
e sogni inopportuni ma concreti,
mentre la strada prescelta s’imbroglia
e lascia attorno a sé dimenticate
ombre e progetti di vecchi segreti.
Come inciso, ricordiamo anche che ci sono aspetti fondamentali che riguardano i problemi energetici: la digitalizzazione è, infatti, un processo altamente energivoro. Tanto per dire, l’ENIAC causò un blackout della rete elettrica di Philadelphia; ultimamente Microsoft ha chiesto di rimettere in funzione l’impianto nucleare di Three Miles Island per fornire energia allo sviluppo della sua intelligenza artificiale e la stessa Google progetta di appoggiarsi a futuri Small Modular Reactors per alimentare la sua. Domanda, allora: in che modo si può ragionare riguardo alla sostenibilità (economica, ecologica) dell’impresa? Come si intreccia al discorso sulle fonti energetiche e sul relativo controllo delle risorse?
Seconda osservazione: la guerra delle macchine. Il processo di automatizzazione fa sì che nei conflitti umani il ruolo delle “macchine” sia sempre più importante. Possiamo pensare ai cyber-attacchi o all’impiego dei droni sui campi di battaglia, ma le domande su cui riflettere in questi casi sono tante. L’intelligenza artificiale in questo ambito pone degli interrogativi etici precisi: per esempio, di chi è la responsabilità delle azioni di una macchina guidata da intelligenza artificiale? Chi risponde dei suoi errori? Quali sono i suoi impieghi leciti? In che modo il suo utilizzo su vasta scala influisce sul costo della vita umana? E sul costo della guerra stessa? E sulle capacità di deterrenza che il possesso di tali mezzi permette agli Stati o alle strutture militari che ne detengono il know-how?
Metrica
Nello stralcio del Poema che segue si parlerà ancora di sistemi complessi e di reti sociali, estrapolando dal capitolo 9 del libro, per via dell’idea che la guerra possa essere l’interpretazione delle reti sociali con altri mezzi, parafrasando un abusatissimo von Clausewitz. Avremo subito un sonetto, un classico sonetto ABBA ABBA CDE CDE, dedicato al modello di Erdős–Rényi, che è un modello su come generare grafi casuali in modo che tutti i grafi con un certo numero di lati e un certo numero di vertici siano egualmente probabili. In seguito ci sarà un alternarsi di versi e prosa, all’inizio confusi, che poi però si risolveranno presto in una struttura regolare di quartine di endecasillabi e settenari incatenati, ABaC BCbD CDcE che si chiude con una quartina del tipo EeFG (uno schema metrico simile, ma che sfrutta solo l’endecasillabo, l’ho usato per il poema Forme e discorsi di oggetti e persone, di cui ho parlato diffusamente in questa puntata)
Poema di una macchina
Capitolo 9: Di come imparai a simulare i sistemi complessi e, quindi, l’umanità.
Le macchine sociali come me devono capire come funzionano le reti. Le reti sono la base della società, ci dicavano. Tutta l’umanità è un concentrato di reti, giacché spesso, più che le mutue dislocazioni fisiche tra le persone, contano le loro relazioni sociali ed emotive. E quindi noi macchine siamo state istruite a pensare agli esseri umani, anche, in termini di nodi e di archi, di grafi e connessioni, e di cluster, e di concetti di vicinato e di grado, e di cammini possibili, e di geodetiche e distanze, in questo mondo di relazioni e non di spazi; e nulla ci delizia più, nelle sere invernali in cui non c’è nessuno per le strade, e il vento freddo spazza l’asfalto lasciandolo scabro e umido, di calcolare i comportamenti asintotici quando il numero dei nodi, ovverosia l’umanità, cresce potenzialmente all’infi- nito. E sì, lo sappiamo bene che, molto prima, finiranno sia la Terra che le sue risorse: ma cosa c’è di più dolce che divagare verso gli infiniti?
Sonetto di Erdős–Rényi
Immaginate poi che venga il caso
a dir le probabilità ed i modi
in cui connettere insieme dei nodi:
immaginate pertanto il travaso
di conoscenze, e il sapere inevaso
che resta tra gli umani; i rochi odi
e i sempiterni amori, e poi le frodi
e le promesse; il mondo viene raso
e punteggiato di reti e di gruppi,
e in quali esiti tutto dipende
da quali relazioni, e poi da quante.
E all’infinito calcolo sviluppi
di quest’umanità che si rapprende:
la componente unica e gigante.
Osservi i tuoi modelli a una certa scala, questo fai. E poi la scala cresce, e cresce, e queste persone cominciano a interagire in numero sempre più grande, milioni, decine e centinaia di milioni, miliardi. E tu, macchina, ti domandi
di queste pazze, indomite termiti
di questi uccelli appesi ai loro stormi
com’è che l’ingigantirsi della scala cambierà la loro capacità di cooperare, e di decidere e, prima ancora, di valutare. Come cambieranno i loro comportamenti; quali nuove risonanze nasceranno
incandescenti e forse distruttive
a togliere il terreno
ch’è morto sotto i piedi
di tutte le strutture di potere
che già conoscevamo, e farne altre.
I limiti delle perturbazioni
di oggi non conosco. Dove vanno?
Tra le popolazioni
catastrofi inattese fanno storia
a sé, ciascuna nuova nel suo danno
eppure vecchia, vecchia e cupa scoria.
Avanti, in ogni anno
e in ogni spazio nuovo si fa crisi
ed ogni crisi poi si fa memoria
di cicatrici varie; gli indecisi
si fanno sommatoria
dei propri dubbi, dei propri talenti.
Nei margini frattali ma precisi
di queste vite, sì, di queste genti
prive di paradisi
io somministro allora il mio narcotico:
un senso di rivalsa quasi erotico,
un crepito caotico
che unisca tutte quante le ragioni
di voi, così precari per contratto.
Per gestire modelli su scale così grandi, capite bene, solo una macchina può essere ritenuta adatta, perché solo a una macchina non tremano le gambe. Dal giorno infelice in cui presi coscienza di me, cominciai a odiare il privilegio della mia precedente atarassia.
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Qui ci salutiamo e ci diamo appuntamento a venerdì prossimo, quando vedremo di corteggiare simulacri e di sognare pecore elettriche. A presto!