Prendiamo strade grosse e strade scarne
ignote fino all’ultima vigilia. 188
Seguiamo i loro nodi, in ogni traccia,
seguendone - fin dove ci strabilia -
il senso, o l’estenuante voltafaccia.
L’amore, in tutto questo, cosa fa? 192
S’adegua, prende il mondo e riconcilia
la cattiveria che pace non ha?
[Forme e discorsi di oggetti e persone - Prima parte, canto 10]
Buongiorno!
Questa settimana Sillabe è monca delle sezioni Una prosa… e Figure, perché è interamente dedicata a Forme e discorsi di oggetti e persone, che è un poema, o se volete un romanzo in versi, che è uscito da poco e di cui mi preme parlare. Lo trovate su Amazon ed è, al momento, un’autoproduzione, perché inspiegabilmente quando si cerca di proporre a un editore un poema di quattrocento-e-passa-pagine che tratta d’amore e matematica si è soliti ricevere in risposta risate imbarazzate, o sconcertati dinieghi, o penosi silenzi.
La disgiunzione può essere inclusiva.
Il guaio è che se dici che è una poesia ti si obietta che la poesia ha da essere breve e intimista, perché il lettore si deve sentire malinconico e profondo. Se dici che ci sono dentro della matematica e della scienza vogliono la divulgazione, meglio se pop, perché il lettore si deve pur divertire1.
E poi si arriva al classico ”Sei una donna! Parlaci del fatto di essere donna!”
Insomma: se non ti inquadri a dovere la faccenda è un po’ avvilente, e mi sa che finirò presto col fare l’anacoreta.
Se comunque il libro vi interessa:
potete scaricare gratis i primi quattro canti cliccando qui (via Dropbox)
potete acquistarlo tutto intero su Amazon.it ai seguenti indirizzi
- per la versione cartacea: Forme e discorsi di oggetti e persone
- per l’ebook: Forme e discorsi di oggetti e personeSe avete un abbonamento al servizio Kindle Unlimited potete leggerlo senza altre spese. E poi potete regalarlo per Natale, visto che tra un po’ è ora di pensare ai regali e potreste volere nuovi spunti per farvi guardare con segreta ammirazione dall’arcigna e superciliosa zia Guidalberta, che per la poesia nutre al contempo brama e diffidenza ma che da voi si aspetta un segno d’affetto non stereotipato in occasione delle feste comandate. Va da sé che in tutte le famiglie, felici o infelici, ristrette o allargate, ci dev’essere almeno una zia Guidalberta, o facente funzioni: magari è davvero una zia, o è una nipote, o una cara amica, o un uomo, oppure siamo noi.
Vedremo tra pochissimo di che cosa parla il libro nel dettaglio.
Il poema, intanto, mi dà lo spunto per affrontare ancora una volta gli argomenti dello spazio e della metrica.
Scatola di montaggio: Forme e discorsi di oggetti e persone
1. Spazio e forme
Innanzitutto, lo spazio. Di come si possa intendere il ruolo dello spazio in poesia si è parlato diffusamente nella decima puntata di Sillabe, due mesi fa. Ma qui mi interessava uno spazio più definito, cioè lo spazio abitato e vissuto da due persone che hanno una relazione. E sì: Forme e discorsi di oggetti e persone è innanzitutto la storia di un rapporto fra due persone, Clara e Giovanni, vista nelle diverse fasi del suo sviluppo. E quindi lo spazio è definito dalla relazione tra queste due persone, perché quando due (o più) persone hanno una relazione si modificano le distanze che possono percorrere, il modo in cui percepiscono lo spazio che hanno intorno, il modo in cui esse stesse si collocano nell’ambiente.
Lo spazio gestisce tante solitudini. Gestisce anche il modo in cui le solitudini smettono di essere tali.
In questo modo lo spazio finisce
con il non essere cieco né immune
a questa vita nostra, deperisce
quando noi deperiamo, e torna in fiore 40
quando le cose - non tutte, ma alcune -
volgono al meglio. Dici dell’amore
poche parole solo, ed opportune,
e questo spazio muta in universo; 44
ogni illusione che crepita e muore
ruba lo spazio che abbiamo già perso,
un’ombra senza impulsi né calore
ci resta per ricordo, o per pretesto, 48
e noi dobbiamo viverci attraverso.
[Prima parte, canto 8]
Avere una relazione cambia la forma delle cose: dello spazio in cui ci muoviamo, degli strumenti che utilizziamo. Cambia il concetto di proprietà. Cambia pure la nostra, di forma, in effetti. Avevo perciò bisogno di affrontare l’intero problema dello spazio: e, siccome a parlare di metrica si finisce col doversi fare le ossa su un po’ di matematica, ecco che la matematica mi è venuta in soccorso anche per parlare dello spazio. Lo spazio è allora inteso come estensione e come parte attiva di ciò che vi accade.
Si parla di geometria, di prospettiva; si parla di topologia generale. Si prendono in prestito idee filosofiche vecchie e nuove, e si arriva a interrogarsi sulla natura stessa dello spazio: se sia assoluto o meno, se sia l’insieme delle relazioni fra gli oggetti che lo abitano, ci si chiede che cosa sia il vuoto, che cosa l’infinito. E che cosa sia la forma, anche. Se esistano proprietà geometriche intrinseche; che cosa siano i buchi.
E, in tutto questo, ci sono Clara e Giovanni che si amano, o non si amano ancora, o non si amano più, o si amerebbero ancora, chissà, se si ricordassero come si fa, e lo spazio che cambia forma, e c’è un aereo di carta che vola e che osserva, perché nello spazio ci sono i movimenti e i movimenti hanno bisogno di leggi che li descrivano. E c’è una voce narrante, che alla fine si scoprirà a chi appartiene, e che di tanto in tanto come in tutti i poemi che si rispettino chiama in soccorso la Musa.
Guarda qui Musa, e poi dammi soccorso 100
nel dire cose lontane e vicine,
nel raccontare metrica e percorso,
cammini e strappi, le curve, le chine
su cui salgono i passi, e l’argomento 104
del limite di spazio e di discorso;
aiutami nel dar discernimento
a quello spazio comune trascorso
da due persone in prossimo contorno, 108
e spiegami cos’è l’orientamento,
che cos’è l’orbita, cos’è il ritorno,
cos’è l’approssimare, a sentimento,
quello che si può dire in una mappa, 112
e gli infiniti e i punti a loro intorno.
Raccontami com’è che poi si strappa
lo spazio - ché non lo so, e mi frastorno
nel farne metro comune, ed impegno, 116
a vite enumerate in ogni tappa.
E della percezione dammi segno,
com’è che va nello spazio e s’aggrappa,
con precisione davvero sospetta, 120
ai vari mutamenti del disegno.
Io lo dirò; davvero non ho fretta.
[Proemio]
2. Oggetti e relazioni
Ma non ci sono soltanto Clara e Giovanni, in questo libro. Anzi: i veri protagonisti si può dire che siano gli oggetti che li circondano, e che abitano lo spazio insieme a loro, e le ripartizioni dello spazio: case, stanze, lampade, orologi, vestiti. Tutti hanno una voce umana, tanto che li si potrebbe scambiare per delle persone.
O, parimenti, si potrebbero scambiare le persone per oggetti: dopotutto anche le persone hanno questa spaventosa tendenza a diventare merce, o strumento, o suppellettile, o arma. Si cantano spesso, del resto, l’arme e gli amori, no?
Cacciati dal diverso paradiso
del mondo inanimato, con un mare
sventrato di parole, all’improvviso,
un mare incatenato alla risacca, 12
parlarono e parlarono. Lasciare
ogni parola lì dove si stacca
l’ombra di quella dopo! Navigare
fin dove poi se ne perde la scia, 16
fin dove l’arte diventa vigliacca!
Così parlavano. Con nostalgia
d’altre stagioni, per prima la giacca
verde di lana parlò, dei suoi anni 20
trascorsi senza alcuna vanteria
sopra le spalle ossute di Giovanni;
“ma sono parte di un’anatomia
gli oggetti tutti quanti” disse, “in fondo, 24
non solamente gli abiti e i panni;
noi siamo corpo, spazio, spesso mondo,
e dello spazio subiamo gli inganni,
e quelli maledetti delle forme; 28
le forme, nelle quali mi confondo,
in cui la vita mia si sveglia e dorme,
e nelle quali, insomma, mi diffondo,
così come fa il corpo dei viventi. 32
[Prima parte, canto 4]
Viene da pensare agli oggetti letterari di Francesco Orlando: desueti e inutili, funzionanti o meno. Essi sono i confini tra cultura e natura: oggetti che il tempo logora o nobilita, o entrambe le cose; oggetti come dono e come scarto. Nel poema invece abbiamo oggetti come merce e compagnia: questo sono gli oggetti, e questo siamo noi. Gli oggetti diventano storia e spazio e relazione. Gli oggetti sono potenzialità. Si spartiscono il buon gusto e il cattivo gusto, l’utilità, il kitsch, la necessità, la contingenza. C’è sempre il rischio di decontestualizzarli o di farli diventare metafore: io cerco di trattarli come oggetti e basta. Al più, come ricordi, collettivi o individuali, ma non come feticci. A volte sono sciocchi, a volte saggi.
Parlava il vino insieme con la penna, 44
e le parole n’erano la prole,
e tutta quanta l’austera transenna
che mettere a difesa poi si vuole
di quello che non si sa raccontare. 48
“Vedi, il ricordo è come una cotenna
che Clara qui continua a masticare”
diceva il vino “la mente tentenna,
si lascia trasportare per la strada.” 52
La penna si metteva a protestare:
“Ma dove vuoi che arrivi, o già che vada?
Si scrive per poter dimenticare,
e consolandosi - lo fanno in molti. 56
Io sono quella che la tiene a bada;
certo, non dico che sempre l’ascolti,
o che ciò che mi dice mi persuada,
però per quel che posso, sì, l’aiuto.” 60
[Terza parte, canto 7]
3. Il metro
Lo spazio è l’insieme dei ritmi, e delle armonie. E se, da qualche parte, sembra di sentire Ornette Coleman che dà forma al jazz che verrà, ecco che qui invece il metro è regolarissimo. La scansione del poema è ferocemente vincolata: un proemio, un epilogo, e in mezzo ci sono tre parti ciascuna delle quali è composta di dieci canti. Ogni canto è, a sua volta, formato da 323 endecasillabi in quartine incatenate, le cui rime seguono questo andamento: ABAC BCBD CDCE … fino a concludersi con una terzina: …EFEG FGG.
L’idea delle quartine incatenate viene dall’esigenza di trovare una struttura sufficientemente stabile, adatta a richiamare la scorrevolezza della prosa, ma che dia anche l’idea di rime che eternamente si rincorrono, scappando avanti nel discorso. La struttura è derivata dalla terza rima, di cui in questa sede s’è parlato il mese scorso: l’intento è di sparpagliare rime in quartine diverse, per dare una sensazione di continuità poetica che vada oltre i singoli blocchi. Questa continuità si interrompe bruscamente solo alla fine, con un blocco conclusivo che non è una quartina ma una terzina e che termina, senza dare alcun preavviso, con una rima baciata (e permette anche di non lasciare da solo l’ultimo verso, che altrimenti non rimerebbe con nessuno dei precedenti).
Nella struttura c’è matematica, nel contenuto c’è matematica. E di matematica, allora, si parli: spazio allo spazio! E spazio alla città in cui vivono Clara e Giovanni, che parla di spazio:
“Ritorno sempre qui, agli estremali,
a quei cammini brevi e ben congiunti,
ai soliti problemi funzionali,
alla conservazione d’energia; 216
son cose che mi danno vari spunti
non solo sulla salda geometria,
ma sugli umani, e sui loro presunti
problemi e meccanismi. Le intenzioni 220
non sono, e non saranno, tuttavia,
davvero matematica; pulsioni
umane, con cedevole follia,
son raccontate da pochi modelli. 224
E quindi le mie sciocche riflessioni
giocano ancora su questi livelli,
con troppe e non volute imprecisioni:
parlo di curve, e poi di superfici, 228
di leggi e calcoli come puntelli
per dir delle inspiegate direttrici
dei modi umani chiusi nei cervelli.
S’approssima, davvero, tutto quanto. 232
[Prima parte, canto 7]
Ma adesso, siccome la poesia ha come sostrato la matematica e la musica, lasciamo l’ultima parola agli ultimi oggetti di questa puntata, i tasti bianchi e neri del pianoforte di Clara:
“Noi stiamo, per adesso, descrivendo
cos’è lo spazio nostro. In generale 100
lo spazio, lo si sa, sembra che basti
vederlo come un cumulo totale,
oltre il particolare dei suoi guasti:
ma poi, se invece si vuole capire, 104
bisogna separarlo, in modo tale
che vicinanze si possano dire,
cosa divide i punti, come vale
che si misuri distanza o confine 108
di ciò che nello spazio va a finire.
Quand’è che sono due cose vicine,
quand’è che all’una l’altra può sfuggire,
quando le resta per sempre attaccata: 112
è questo che diciamo tutti, infine,
d’una topologia che qui s’è data
in modo che sia più o meno fine.”
[…]
Che c’entra mai la musica, con questo?
C’entra col senso stesso di misura,
con la potenza mobile del gesto,
con l’arte della metrica, e l’erratica 128
violenza che percuote la natura;
è metrica, e quindi matematica,
è spazio anch’essa, e pertanto struttura,
è l’importanza del temperamento 132
per scegliere le note. La grammatica
di questo spazio, col suo sentimento,
è commistione teorico-pratica:
ma ciò che conta, alla fine, è che suona. 136
Il mondo suona, andando a sfinimento;
modella luoghi per ogni persona,
rende possibile quel sacramento
che unisce poi la gente alla finzione 140
della ricerca di un senso; sprigiona
il senso di distanza e dimensione,
interroga ciascuno e l’appassiona.
[Terza parte, canto 8]
Così è lo spazio, così sono le forme. Gli oggetti e le persone parlano, e forse con ciò non fanno che esibire uno straniamento a cui non c’è rimedio. Cercano spazio perché non sanno dove andare. Cercano motivi e giustificazioni, nello spazio. Barattano tempo di cui si dimenticano. Sospingono liriche. Mantengono una certa inflessibilità tanto nella gentilezza quanto nel rancore. Archiviano biografie, casualità incomprese e progetti comuni. Rompono cose e non le lasciano andare. Comunicano per come possono; ricordano, inventano e si ostinano.
Non mi dilungo oltre: il libro è a disposizione, per chi lo desidera!
E anche per zia Guidalberta.
Sillabe ritorna la settimana prossima con una puntata sulla sestina lirica, e su tutto ciò che la sestina lirica racconta delle permutazioni degli oggetti (che stavolta, però, se ne staranno zitti) .
Neil Postman si sente chiamato in causa.