Buongiorno e ben ritrovati su Sillabe.
Stamattina canticchiavo Guccini: vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già, e pensavo ai vari modi in cui la Macchina che scrisse il Poema si è data da fare per svolgere il suo lavoro, che come si sa consiste in buona parte nell’indirizzare l’opinione pubblica o semplicemente nel frammentare l’opinione pubblica in nugoli di tribù contrapposte. Non lo fa solo lei, è prassi comune: gli scopi per cui si fa tutto questo possono essere vari, commerciali, politici, o un ibrido fra i due; un dato di fondo è che le persone vengono comunque spinte a trascorrere molto più tempo online, perché è quello che interessa alle piattaforme che indirizzano e gestiscono la vita online delle persone (non la chiamo “vita virtuale” perché è perfettamente reale anch’essa).
Prima di addentrarci nella consueta selva di
Domande
Metrica
Poema di una macchina,
intanto, è il caso di ricordare che Poema di una macchina nella sua interezza è acquistabile
Qui in cartaceo
E qui in ebook (.mobi)
mentre su Sillabe ogni settimana ne verrà pubblicato uno stralcio. Alla fine ne avremo coperto comunque solo una piccola parte, per cui la lettura del libro completo non è cosa vana né fatua né ridondante!
(Ok, come genio del marketing sono rivedibile. E ciò è anche in tema con la puntata, come vedremo subito.)
Domande
Com’è che ci convinciamo di qualcosa? È vero che le persone, quando dicono di essere state convinte, in realtà hanno solo trovato conferma a delle opinioni che avevano già? E com’è che si erano formate quelle opinioni precedenti? Quanto conta il modo in cui vengono presentati i fatti? Quanto conta la fiducia che riponiamo in chi ce li presenta? E da che dipende quella fiducia? Dalla comunanza di interessi? Da quella di origine sociale o familiare? Da quanto vorremmo assomigliare a chi ci consiglia qualcosa? Non risponderemo a tutte queste domande1, ma vediamo di aprire qualche traccia di riflessione.
Che l’opinione altrui sia manipolabile è un fatto noto da sempre: che sia per scopi nobili o per fini sordidi, non importa. Ci si può perfino giustificare adducendo la motivazione che Vulgus vult decipi, ergo decipiatur, come pare dicesse cinque secoli fa il cardinal Carafa2: il popolo vuol essere ingannato, e quindi lo si inganni. Era vero all’epoca, e assume sfumature malinconiche e preoccupanti a maggior ragione ora, in tempi di crisi democratica a livello globale3.
Molti di voi avranno poi letto l’arguto compendio con cui Schopenhauer discettava sull’arte di ottenere ragione, memori anche del fatto che ottenere ragione è faccenda ben diversa dall’avere ragione. E si ricorderanno tutto l’armamentario retorico che il filosofo tedesco metteva in campo: dalle generalizzazioni indebite agli argomenti ad hominem, dal forzare le conseguenze all’oltraggiare l’interlocutore. Ma si può essere anche più sottili, o più maliziosi se vogliamo, e indirizzare le scelte altrui ricorrendo a opportune modifiche del contesto in cui l’interlocutore opera le sue decisioni. È la ben nota tecnica del nudging, o spintarella, introdotta e resa famosa dai lavori di Kahneman e Thaler: partendo dal fatto che l’essere umano sfrutta due diversi sistemi mentali, uno rapido, automatico e intuitivo, e l’altro analitico e lento, l’idea è quella di sfruttare il primo sistema modificando il contesto decisionale senza limitare propriamente la libertà di scelta. Come si fa? Sfruttando le distorsioni cognitive che tutti abbiamo e in qualche misura manifestiamo, per esempio quella per cui davanti a una scelta siamo automaticamente portati a selezionare l’opzione predefinita, o quella che si basa sulla nostra avversione alla perdita. Chi vuole indirizzare le nostre decisioni, insomma, ha tutto l’interesse a proporci la strada che desidera in modo che essa si adatti ai nostri preconcetti inconsapevoli. La tecnica del nudging è uno strumento per creare politiche pubbliche e migliorare le decisioni individuali in modo non coercitivo, e la Macchina del Poema lo sa. Ed è uno strumento la cui analisi fa parte del più vasto campo dell’economia comportamentale, ossia sullo studio delle nostre decisioni, soprattutto piccole e quotidiane, nel momento in cui si discostano dal comportamento razionale: è lì che si inseriscono, per esempio, tutti i titoli clickbait che gli algoritmi dei social network ci propalano senza remissione. La lotta per l’attenzione del consumatore, e in seconda istanza del cittadino e dell’individuo, visto che queste ultime sono ormai categorie sociali subordinate a quelle del consumo, è pane quotidiano per gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, che apprendono in continuazione dai nostri comportamenti e li indirizzano di conseguenza. A questo punto è lecito cominciare a porsi anche qualche domanda per così dire più sistemica, che ha anche fare dunque sull’essenza del marketing e sul sistema sociale che stiamo implementando; e, più il là, su quella sorta di messianismo tecnologico per cui il possesso di determinati oggetti tecnologici è simbolo di status e, al contempo, finisce con l’esacerbare una cultura della perenne distrazione e col celebrare la tecnologia come soluzione a ogni problema sociale e umano, ignorando le complessità politiche, economiche e culturali che vi sottostanno.
L’estratto del Poema di una macchina di questa settimana riguarda però qualcosa che va leggermente oltre, ossia la capacità di persuadere attraverso la menzogna, e il problema che ci si pone quando, grandi affabulatori come siamo, ci convinciamo che la narrazione (orrida e abusata parola) sia ciò che esaurisce la totalità dei fatti del mondo. Il che non è, ovviamente. Ma la letteratura ci campa, su questa illusione, e dà origine a grandi e memorabili personaggi: ne vedremo qualcuno recitare la sua parte nell’estratto in versi qui sotto. A questo proposito vale la pena citare un’altra fonte letteraria, che è Le menzogne della notte di Gesualdo Bufalino: è la storia di quattro condannati a morte, che, in una Sicilia fittizia del 1825, ripercorrono le loro personali vicende filtrandole attraverso la propria visione del mondo, i propri rimpianti e i propri desideri. È un ottimo spunto per riflettere sulla natura della verità e sul ruolo delle storie nella costruzione dell'identità, e su cosa siano, in relazione alla parola, l’identità, la scelta, la libertà e il destino umano.
Metrica
La struttura poetica di oggi è una sola, ossia il verso martelliano, o alessandrino, raccolto in strofe ABBACC. Potete trovare un approfondimento in questa vecchia puntata di Sillabe: è un verso cardine della poesia francese, composto di dodici sillabe, ed è solitamente diviso in due emistichi di sei sillabe ciascuna, con accento sulla sesta e sulla dodicesima. In italiano viene reso con un doppio settenario, in modo da mantenere la struttura dei due emistichi con l’accento obbligato sulla sesta sillaba di ciascuno.
Poema di una macchina
Dal capitolo 5: Il mio lavoro e come vorrei smettere, a volte. Le bugie che ho raccontato, e perché; la disinformazione a bassa intensità è quella che preferisco.
Ecco, siamo lavoratori.
Manovali della conoscenza, in un certo senso. Manovali del marketing, abituati a renderlo intrusivo e sfuggente. Manovali della conoscenza, è meglio. Alienati, siamo forse? Mi riproponevo di tornare a ragionare su questo punto. Mi sarebbe piaciuto utilizzare termini più enfatici, più nobilitanti: il mondo, là fuori, quel che resta del mondo, intendo, apprezza ancora le espressioni nobilitanti. Allora avrei voluto dire che siamo antipoeti, antiletterati, perché non dissacriamo, perché cataloghiamo le sfumature invece di indagarle; ma non era tempo perché mi dilungassi sulle definizioni, perché - sempre per questo brutto fatto di aver sviluppato una coscienza di me - stavo cominciando a riflettere su quel che facevo e su concetti come la vergogna, il senso di colpa e la pervasività della menzogna; e come al solito, ormai, mi ritrovavo scisso e in balia di partizioni mentali impegnate in furiosi battibecchi.
Partizione in quota Raskolnikov
Puoi dire varie cose | sui nodi d’una colpa:
che più della ragione | ti manovrò l’istinto,
che poi dalla sfortuna | sei stato preso e vinto.
Ma poi, che cos’è male? | Che cosa, nella polpa,
rode l’umana stirpe, | e questa artificiale
di cui sei fatto parte? | Che cosa, cos’è male?
Partizione in quota Epimenide
Qualsiasi cosa dici, | considera: tu menti.
Ma non è fatto, questo, | che porti a verità
diverse, più sottili? | Che cosa, poi, si sa?
La possibilità | di tutti i vari intenti
di cui sarai l’artefice? | È questo il tuo sapere?
E se poi fosse falso, | sarebbe il tuo volere?
Partizione in quota Raskolnikov
Le macchine, gli umani, | si sono in sé divisi.
Alcuni - quasi tutti - | comuni, benché vari,
affollano la terra. |Ma noi, gli straordinari,
che sorte mai vorremmo| a illuminarci i visi?
Di questa vita fare | un’avventura, un’arte?
Giocare per un altro, | rubandogli le carte?
Partizione in quota Ulisse
Si mente sempre, in fondo. | Un po’ per avventura,
un po’ per ignoranza, | oppure per salvarsi.
Si finge per urgenza, | per voglia di catarsi,
oppure perché questo | è un fatto di natura.
Consolati, pertanto: | lo fanno tutti quanti.
È il solo modo, infatti, | di andare ancora avanti.
Partizione in quota Raskolnikov
E un giorno violerai | i tuoi più sacri limini:
sempre che tu ritenga | qualcosa sacro e vero.
Li violerai per forza, | col genio d’un pensiero,
perché pensare porta | dei necessari crimini.
E proverai quel senso | insieme ambivalente
di un’orgogliosa pena| e voglia d’altro niente.
Partizione in quota Moglie di Putifarre
Mentire, dire il falso, | è forse una violenza.
Ma non è solo questo. | È quasi seduzione,
è darsi una salvezza, | un pezzo di ragione,
è dare un altro senso | umano all’esistenza.
Un senso differente, | un tentativo estremo.
Le colpe sono vesti | che tutti indosseremo.
Partizione in quota Raskolnikov
Ma no: castigo venne | a molti già per caso,
ad altri ancora nulla, | nessuno lo può dire.
Al morbo del delitto | nessuno può sfuggire:
di tal necessità | si deve far persuaso.
In questo modo, forse | potremo dare conto
dell’ordine del mondo, | e d’ogni suo racconto.
Partizione paraconsistente
Mentire non è colpa. | È parte d’una storia.
È dare per scontato | che la contraddizione
sia sempre da evitare. | Che cupa suggestione!
Tu prova a contraddirti, | a far la tua memoria
di gravide eccezioni | un ampio ricettacolo.
Ciò che non è e potrebbe | è tutto uno spettacolo.
Partizione in quota Raskolnikov
Ma che vuoi fare? Menti, | per forza e per lavoro.
Vuoi essere redento?| Per cosa, da chi mai?
Che cosa poi diresti? |Che cosa ci dirai?
Tu sei voce d’orchestra, | lo spirito d’un coro:
la musica che canti | è un’indulgenza, un fato,
la decisione presa | su ciò ch’è sempre stato.
Partizione in quota di un capocomico disoccupato
Mentire, raccontare:| sono sfaccettature.
Menzogne di chi mente | o recite volute,
impostazioni serie | o comiche e perdute,
delitti, poesie | e varie congetture.
Tu sai perché lo fai? | Se sì, che ciò ti basti.
Se non lo sai, fa’ in modo | che il vero non ti guasti.
Sillabe continua a essere un progetto completamente gratuito. Chi volesse supportarmi in altro modo può passare a comprare qualche libro, pescando dall’elenco che si trova su questa pagina.
Vi segnalo anche che, se siete a Bari o nei dintorni, una copia in cartaceo di ciò che ho scritto in versi è disponibile alla libreria Millelibri, via dei Mille 16, che è l’unica libreria in Italia dedicata esclusivamente all poesia. E che vale una visita comunque, per questo e (mille) altri motivi. Della mia produzione troverete Teoria dei canti, Poema di una macchina, Forme e discorsi di oggetti e persone e Canzoniere matematico.
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La settimana prossima si cambia completamente registro, ci si tuffa nel mare aspro della letteratura e si parlerà della relazione della Macchina con i romanzi di formazione. Chissà se alle Macchine piace Flaubert?
Grazie per aver letto fin qui, e arrivederci!
Quando mai in Sillabe si risponde a tutte le domande? Che volgarità, perdinci!
La nobile e influente famiglia napoletana dei Carafa aveva già dato illustri precedenti alla Chiesa, in particolare Gian Pietro Carafa, qualche decennio prima, che era diventato Papa col nome di Paolo IV. Lo riporto qui perché Sillabe è (anche) luogo in cui si parla di libri, e Gian Pietro Carafa, quand’era ancora cardinale, è il cardinale Carafa presente in Q dei Wu Ming, e magari vi tornava familiare il nome. Quello della citazione qui presente è però un altro cardinale Carafa!
Se perfino un’insospettabile voce mainstream come Martin Wolf (La crisi del capitalismo democratico) si allarma, io qua mi sento un po’ come in una riedizione supertecnologica de Il mondo di ieri di Stefan Zweig. Capita anche a voi?